Pubblicato nel 2024 da EinaudiI giorni di Vetro di Nicoletta Verna ha saputo conquistare critica e lettori (tra l’altro, si è recentemente aggiundicata il Premio Sila ’49 e il La Cava. A un anno dall’uscita, il romanzo di Nicoletta Verna continua a far parlare di sé per la sua forza narrativa e per la capacità di restituire, attraverso la finzione letteraria, il peso e le ferite della nostra storia.

Ambientato a Castrocaro durante gli anni del fascismo, il libro intreccia le vicende di Redenta e Iris, due donne molto numerous ma accomunate da una profonda forza interiore. La violenza, la disuguaglianza, la lotta partigiana e il peso della memoria si intrecciano in una narrazione che non cerca scorciatoie emotive, ma si affida alla precisione della lingua e alla potenza dell’immaginazione per restituire una verità più profonda di qualsiasi cronaca. Vi invitiamo al riguardo a leggere la nostra recensione de I giorni di Vetro.

Abbiamo intervistato Nicoletta Verna per parlare della genesi del romanzo, del lavoro sulla lingua e sui personaggi, del ruolo della letteratura nella conservazione della memoria. Un dialogo ricco e necessario, che ci ricorda come raccontare il passato significhi ancora – e forse soprattutto – interrogare il presente.

Qui di seguito l’intervista con i-LIBRI.

“I giorni di Vetro” è ambientato in un periodo storico drammatico, ma popolato da personaggi inventati. Come ha costruito questo equilibrio tra realtà e finzione?

Il romanzo indaga cosa avviene quando la grande Storia precipita sulle vicende piccole delle persone comuni, degli umili. Per rendere questo equilibrio ho dovuto calarmi all’interno della vita quotidiana di un piccolo paese come Castrocaro e cercare di capire quali erano le dinamiche fra le persone, gli usi, le credenze, il folklore. In questo è stato necessario documentarmi sulla quotidianità. Mi sono quindi servita di testimonianze orali (Castrocaro period il paese di mio padre e ho registrato molte storie di famiglia), e poi fonti scritte: diari, racconti, cronache. Solo avendo ben chiaro qual period il tessuto storico e sociale è stato possibile ricreare la vicenda di fiction, sempre prestando attenzione al fatto che la grande Storia non invadesse e inquinasse la vicenda principale.

Redenta e Iris sono due determine femminili forti ma diversissime: come sono nate e in che modo si sono evolute nella scrittura?

Redenta è la protagonista, Iris le fa da cornice. Redenta nasce per incarnare i valori della pietà e della carità cristiana, Iris invece è una donna indomita, rappresenta il coraggio e l’indipendenza. Le loro vicende sono speculari, i loro destini che all’inizio sembrano divergenti si intrecciano dimostrando che, forse, le due donne non sono così numerous.

Nel romanzo, la violenza non è mai solo fisica ma anche psicologica, sociale, domestica. Come ha scelto di rappresentare queste numerous forme senza semplificare la complessità del tema?

La scelta di descrivere la violenza senza tentativi estetizzanti, ma anche senza nessuna forma di edulcorazione, è stata consapevole e molto decisa. Mi rendo conto che alcune scene possano risultare disturbanti, ma avevo bisogno di rendere l’atrocità della Storia, per rappresentare la dimensione tragica dei personaggi, le loro scelte sofferte. 

Il dialetto romagnolo è inserito con misura e autenticità: quanto è stato importante l’uso della lingua locale nella resa del romanzo?

È stato fondamentale: per la sua aderenza alla realtà di Castrocaro in quegli anni, per la sua musicalità, per l’impossibilità di tradurre certe parole dialettali in italiano. Per il suo senso viscerale e atavico. Come diceva Meneghello, la parola del dialetto è sempre “incavicchiata” alla realtà, per la ragione che è la cosa stessa, percepita prima che imparassimo a ragionare.

Vetro è uno dei personaggi più disturbanti della narrazione: come ha lavorato sulla costruzione di un antagonista così complesso e inquietante?

Vetro rappresenta il male profondo. Ci ricorda che il male come concetto assoluto esiste. È un personaggio fortemente polarizzato, stereotipato, privo di dimensioni. L’accumulo di stereotipi in letteratura è funzionale a creare un topos. Mi serviva l’estremo, l’abisso, l’eccesso senza mezze misure. È un simbolo, sebbene purtroppo sia anche un personaggio molto realistico.

Lei scrive che “non c’è niente di vero, eppure non c’è niente di falso”: qual è il ruolo della letteratura nella conservazione della memoria storica?

Come sosteneva Aristotele,  lo storico espone gli eventi reali, e il poeta quali fatti possono avvenire. In questa aspirazione a rappresentare l’universale, la letteratura può essere un mezzo attivo di interpretazione, trasmissione e resistenza della memoria storica, poiché riporta un piccolo fatto dove però molti possono rispecchiarsi.

Dopo questo romanzo intenso e doloroso, sente di voler restare ancora in ambito storico oppure ha in mente una nuova direzione narrativa?

Vorrei rimanere nell’ambito storico, ma con più leggerezza. Sto scrivendo un romanzo per ragazzi ambientato sempre durante la Resistenza. Gli stessi temi, dunque, ma narrati con spirito e voce diversi.

Intervista di Diego Manzetti

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