Nel nuovo saggio La rivoluzione silenziosa. Quando le persone ridisegnano le regole, Paolo Iacci prova a mettere ordine in un mutamento che sfugge agli slogan, ma che modifica profondamente le dinamiche interne alle aziende italiane. Pubblicato da Egea, il quantity prende posizione su ciò che da tempo serpeggia sotto traccia: un cambiamento culturale che parte dal basso, si alimenta di insoddisfazione e prende forma nei luoghi più insospettabili della vita lavorativa — dai colloqui ai canali interni di comunicazione, fino alle chat dei staff.

Non è un testo ottimistico, né indulgente. Iacci — docente universitario e consulente di lungo corso — parte da un dato di realtà: il mondo del lavoro si sta riconfigurando, e il silenzio con cui questo avviene è più eloquente di qualunque dichiarazione ufficiale. Le persone non si ribellano con manifesti o scioperi, ma con comportamenti discreti: si disimpegnano, cambiano azienda, oppure scelgono di non dire nulla. Quel “silenzio organizzativo” che l’autore descrive come il sintomo più evidente di una relazione incrinata tra lavoratore e organizzazione.

Alla base di questa frattura, secondo Iacci, c’è il tramonto del vecchio patto psicologico che ha retto per decenni: la promessa di stabilità e carriera in cambio di fedeltà e conformità. Oggi quel patto non vale più. In un mercato instabile e fluido, ciò che conta è l’employability, ovvero la capacità individuale di restare rilevanti. Le aziende, se vogliono sopravvivere, devono accettare questo nuovo assetto e costruire proposte di valore credibili: ascolto reale, crescita, senso di appartenenza.

Le cifre riportate nel libro sono tutt’altro che marginali. Solo l’8% dei lavoratori italiani si definisce “coinvolto” nel proprio lavoro, mentre più del 40% sta attivamente cercando un’alternativa. Un dato ancora più duro: il 15% si cube apertamente ostile alla propria azienda. Fiducia nei chief? Solo un terzo dei lavoratori afferma di averne. Su questa diagnosi, La rivoluzione silenziosa innesta una serie di proposte articolate, non tanto come soluzioni preconfezionate, ma come direzioni di lavoro per le organizzazioni.

Tra i punti centrali, Iacci invita a rivedere radicalmente i processi di selezione. Non sono più le persone a “candidarsi” passivamente alle aziende, ma spesso accade il contrario. Il fenomeno del ghosting, cioè la sparizione improvvisa dei candidati durante l’iter di selezione, è solo una spia di questo cambio di potere. Servono processi più trasparenti, veloci e coerenti con i valori aziendali.

Altro nodo critico: il benessere psicologico. Il lavoro da remoto e la frammentazione delle relazioni hanno portato molti dipendenti — in particolare giovani — a esperienze di solitudine e stress. Non bastano le coverage formali: il benessere, per Iacci, deve diventare una leva strategica, sostenuta da un clima psicologico sicuro, dove è possibile esprimere idee e disagio senza timore di ripercussioni.

Il libro affronta poi il tema dei lavoratori senior, spesso dimenticati in un discorso pubblico troppo concentrato sulla cosiddetta generazione Z. Con una popolazione che invecchia e un numero crescente di over 50 attivi, le imprese devono imparare a valorizzarli: flessibilità oraria, formazione continua, percorsi di mentoring intergenerazionale sono solo alcune delle strategie discusse.

Non manca una riflessione sulla questione salariale. La produttività in Italia è cresciuta, ma i salari reali sono fermi da vent’anni. Un disallineamento che, oltre a generare sfiducia, mette a rischio la tenuta sociale. Iacci chiama in causa la politica, ma anche le imprese, suggerendo una revisione dei modelli retributivi che tenga conto dell’equità e del riconoscimento del valore reale del lavoro.

Sul fronte organizzativo, invece, il richiamo è alla flessibilità strutturata: good working, settimana corta, ferie illimitate sono sperimentazioni che, se applicate senza metodo, rischiano di generare nuove disfunzionalità. Meglio, cube l’autore, investire in management diffusa, in capacità manageriali e in cultura della responsabilità. La flessibilità non è un profit, ma un cambio di paradigma.

La rivoluzione silenziosa si configura come una specie di mappa: un tentativo di orientarsi in un paesaggio instabile, in cui le vecchie bussole non funzionano più. L’autore non bask in idealismi, né si rivolge esclusivamente alle risorse umane. Il suo sguardo è sistemico: quello che succede dentro le aziende parla della società nel suo insieme.

La rivoluzione silenziosa – Quando le persone ridisegnano le regole, Egea, 160 pagine, 16,90 euro. In libreria dal 9 maggio.

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