Domenica 13 aprile, a Lima, si è spento Mario Vargas Llosa. Aveva 89 anni. Con la sua morte, non solo se ne va uno dei più grandi scrittori del XX e XXI secolo, ma anche l’ultimo rappresentante vivente di una stagione letteraria irripetibile: il increase latinoamericano. La notizia è stata comunicata dai suoi tre figli, Álvaro, Gonzalo e Morgana Vargas Llosa. È morto “in tempo”, hanno scritto, circondato dalla famiglia.

Nato il 28 marzo 1936 advert Arequipa, in Perù, Vargas Llosa ha vissuto una vita ricca di contraddizioni, rivoluzioni personali, sperimentazioni letterarie e impegno politico. Vincitore del premio Nobel per la Letteratura nel 2010, l’Accademia Svedese lo ha celebrato per la sua capacità di “mappare le strutture del potere” e per aver saputo raffigurare “la resistenza, la rivolta e la sconfitta dell’uomo“. Ma definire Vargas Llosa solo uno scrittore sarebbe riduttivo: è stato giornalista, saggista, intellettuale pubblico, polemista, uomo politico e persino candidato alla presidenza del suo paese.

La nascita di una vocazione tra traumi e ribellione

Vargas Llosa scoprì la vocazione letteraria da adolescente, nonostante la netta opposizione del padre, Ernesto Vargas Maldonado, figura autoritaria e distante, che aveva cercato in tutti i modi di scoraggiare l’interesse del figlio per la scrittura. A soli 14 anni fu iscritto contro la sua volontà all’accademia militare Leoncio Prado, un’esperienza dura che avrebbe ispirato il suo primo grande romanzo, La città e i cani (1963), Einaudi. L’opera, che denunciava la brutalità e l’ipocrisia del sistema militare, fu accolta da dure polemiche in patria e addirittura centinaia di copie vennero pubblicamente bruciate dalla stessa accademia.

Ma La città e i cani fu anche il primo passo di un percorso che avrebbe portato Vargas Llosa a diventare un protagonista della letteratura mondiale. Le sue opere successive, da La casa verde a Conversazione nella «Catedral», consolidarono la sua fama, sia per la complessità strutturale che per la potenza del messaggio politico e sociale. La sua scrittura, influenzata da Faulkner e da Flaubert, si distingue per i salti temporali, le voci narrative a number of, la ricchezza di registri.

Lal increase letterario alla svolta liberale

Negli anni Sessanta Vargas Llosa fu tra i protagonisti del increase latinoamericano, insieme a Gabriel García Márquez, Julio Cortázar, Carlos Fuentes e altri autori che portarono la narrativa del continente a un pubblico globale. Inizialmente allineato a sinistra, fu un sostenitore entusiasta della rivoluzione cubana. Ma nel 1971, dopo l’arresto del poeta Heberto Padilla da parte del regime di Fidel Castro, Vargas Llosa ruppe pubblicamente con la sinistra dogmatica e iniziò a definirsi “liberale”, in un’accezione che rigettava qualsiasi forma di totalitarismo.

Fu un punto di svolta anche nei rapporti personali: il legame con García Márquez, già incrinato, si spezzò definitivamente nel 1976 con un celebre pugno sferrato in un cinema di Città del Messico, evento mai chiarito fino in fondo ma passato alla storia della letteratura. I due si riconciliarono, silenziosamente, solo nel 2007.

Una penna che non ha mai smesso di combattere

L’opera di Vargas Llosa è attraversata da un filo rosso: la denuncia dell’autoritarismo in tutte le sue forme. Che si trattasse del regime peruviano di Manuel Odría, delle dittature latinoamericane, del nazionalismo catalano o del populismo chavista, lo scrittore ha sempre fatto sentire la sua voce. In romanzi come La festa del caprone, che ricostruisce l’epoca di Rafael Trujillo nella Repubblica Dominicana, ha mostrato il volto umano e devastante del potere.

Nel 1990 si candidò alla presidenza del Perù, sostenuto da una coalizione di centrodestra, il Frente Democrático. Venne però sconfitto da Alberto Fujimori. Dopo questa esperienza amara, che lui stesso definì “faticosissima e frustrante“, si trasferì in Spagna, dove ottenne la cittadinanza nel 1993 e divenne una delle voci più ascoltate del panorama intellettuale europeo.

Le contraddizioni di un uomo libero

Negli ultimi anni, Vargas Llosa è stato spesso al centro di polemiche per le sue posizioni thoughtful conservatrici o reazionarie: nel 2021 appoggiò la candidatura di Keiko Fujimori, figlia del dittatore che lo aveva sconfitto trent’anni prima, e l’anno seguente sostenne Jair Bolsonaro in Brasile. Ma giudicarlo con gli schemi della polarizzazione odierna sarebbe un errore. Vargas Llosa period allergico al conformismo, a quello che definiva “il richiamo della tribù“, cioè la tentazione di annullare il pensiero critico per sentirsi parte di un gruppo.

Questa indipendenza lo rese spesso un intellettuale scomodo. Eppure, proprio la sua coerenza nel rivendicare la libertà di pensiero gli ha garantito il rispetto anche di molti avversari ideologici.

Una produzione sterminata e sempre viva

Nel corso della sua carriera Vargas Llosa ha pubblicato più di cinquanta opere, tra romanzi, saggi, racconti e testi teatrali. Alcuni dei suoi titoli più amati dal pubblico italiano includono La zia Julia e lo scribacchinoChi ha ucciso Palomino Molero?Il pesce nell’acquaIl sogno del celta, fino a Tempi duri (2020), un romanzo storico sulle ingerenze statunitensi in Guatemala.

Period noto anche per le sue colonne settimanali su El País, in cui commentava con passione e rigore i grandi temi della politica e della cultura. Non ha mai nascosto la sua preoccupazione per il declino della lettura, la superficialità della cultura digitale, l’omologazione del pensiero. Fino all’ultimo ha difeso la forza insostituibile del libro di carta, capace di offrire un’esperienza sensoriale e intellettuale unica.

Il testamento di un intellettuale romantico

Con la sua scomparsa, il mondo perde un testimone appassionato della libertà individuale, della democrazia liberale e della complessità umana. Vargas Llosa ha sempre affrontato il potere, attraverso la letteratura e nella sua vita. Come disse una volta: «Le storie che più mi hanno colpito sono quelle che non ho capito subito con la ragione, ma che mi hanno stregato, lasciandomi in sospeso». È proprio da questo sospeso che nasceva la sua arte, così intensa, così irregolare, così profondamente viva.

Con la morte di Mario Vargas Llosa si chiude un’epoca. Ma la sua voce, le sue pagine, i suoi personaggi — da Zavalita a Urania Cabral, dal caporale Lituma a Pantaleón — continueranno a interrogarci, a scuoterci, a raccontarci quel continente fragile e vibrante che è l’America Latina.

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